Seguendo le indicazioni di Antonello Pintus in “Augosulum”, di Salvatore Chessa in “Insediamento umano medioevale nella curatoria di Montes” e di Mons. Loriga in “Parrocchia di Osilo” recuperiamo alcune indicazioni sulle chiese del nostro territorio.
Così, mentre il sole non è più allo Zenit, in solitudine, accompagnati e accarezzati “dae una frina lezera” – la solopa de lampadas- guidati dal lucicchìo di un crepuscolo senza fine calchiamo il terreno de millannos. Le spighe sono già alte, la campagna è in fiore, le erbe aromatiche e le rocce profumano d’antico, il calore della terra ci guida a respirare quanto è profonda la nostra insularità. Viaggio della mente e del cuore, passo dopo passo, seguendo le orme di chi ha impreziosito il territorio e goduto di quell’anelito che spinge l’uomo a pensare, anche solo per un istante, di essere una cosa sola con l’eternità.
Alle undici chiese nel popolato di Osilo (di cui San Valentino, Santu Pedru de subra, San Sebastiano scomparse e tre non officiate: Santa Croce, la chiesa dell’ex Asilo Regina Elena e Bonaria), il territorio conta altre chiese lungo la discesa perimetrale del paese: Santu Maltine, Santu Pedru de josso; resta isolata e confinante con Ploaghe la chiesa di Santa Madalena – Bajolu- della quale resistono i muri perimetrali.
Nel tratto pianeggiante, dopo il passaggio a livello si incontrano: Sant’Ayvara -oggi San Giovanni Battista, Santu Maylcu, Santu Giolzi; seguendo la strada di penetrazione Agraria, la chiesa de Santu Sayvadore. Le chiese di Santa Barbara e di San Salvatore fanno parte del patrimonio definito “Osilo antica”.
Sulla nuova strada per l’Anglona si trovano: Monasterium Sancte Mariae de Scalas Camaldulensis, maestosa costruzione medioevale facente parte della Curatoria di Montes, ubicata a circa 3 km da Osilo e documentata già dal 1363.
Sul versante lungo s’istradon’etzu -Sassari/Tempio- in località su Cayvone si scorge la chiesetta intitolata a Sant’Elies, santo di origini catalane (esiste un Comune Sant’Elies de Villamajor, quindi la nostra chiesa ha origini dalla dominazione spagnola), la costruzione potrebbe risalire ad un periodo tra i secoli XI e XIII. La zona viene ancora oggi definita “sant’Elies”.
Il territorio definito “Achetas” comprendeva le chiese di San Pietro de su litu e di Santa Caterina. L’Angius definì il territorio “Felisquintino”. Nel Condaghe di Barisone II di Torres il sito indicato come “Achetas”, il vocabolo potrebbe significare “salto, passaggio o valico”.
Ripartiamo verso Nord-Est, lungo la strada che porta a Santa Vittoria; dopo aver superato Monterralzu (in origine Mons Terraceus), sul versante destro notiamo un enorme masso calcareo che, in realtà, connota la zona definita Santu Juann’etzu. Di questa chiesa, l’Arcivescovo turritano Morrillo Velarde scrisse “destruida” nel Verbale della sua visita pastorale ad Osilo in data 1688. Un vero peccato che di questa chiesa non si sappia alcunché, anche perché San Giovanni è stato il più grande fra gli apostoli, tanto che lo stesso Gesù sul calvario gli affidò la madre.
Proseguendo verso la frazione di Santa Vittoria, nella strada di penetrazione agraria Osilo-Tergu ci imbattiamo nelle mura perimetrali della chiesa di Santa Maria di Sàssalu nella omonima Villa di Sàssalu, attestata nei secoli XII-XIII, sito nella diocesi turritana. Nel quinquennio dal 1345 al 1350 venne meno la cura spirituale della vicina Ùttari (s’ilcia Ùttari), a causa dello spopolamento. Nel mese di marzo del 1358 la Villa di Sàssalu purtroppo scomparve per la medesina ragione.
Non lontane da S. Maria di Sàssalu troviamo le rovine delle chiese intitolate a San Leonardo, a Sant’Ilario e probabilmente Sant’Andrea, seppur distante ma sempre sulla strada di penetrazione verso Tergu.
Rientrando sulla strada provinciale, la chiesa di Santa ‘Ittoria de sa rocca ci appare in tutta la sua bellezza e dignità, appoggiata sulla roccia di calcare grossolano bianco, sfida orgogliosa sos temporios. Unico respiro di sollievo tra tanti cumuli di macerie.
Nella valle sottostate, le chiese di Santu Pedru de Badde Unnàri e la chiesetta intitolata a Santa Vittoria de Mendulas in località Uttari; di entrambe si conservano poveri resti.
Inoltrandoci ancora sulla stradina di penetrazione tra Badde Unnàri e San Lorenzo ci imbattiamo in due particolarissime chiese intitolare a Santu Kirigu e Santa Zullitta, madre e figlioletto martirizzati nel IV secolo d.C. dall’imperatore Diocleziano. Sono ricordati non solo dalla chiesa cattolica apostolica romana ma da tutte le chiese orientali.
Le due costruzioni intitolate ad essi “sorgono entrambe custodite da un boschetto di lecci sulla cima di una collina calcarea denominata ‘concas’ in regione Óttula nella frazione San Lorenzo. Due chiesette rurali ad un unico corridoio, come tante altre dell’agro di Osilo, edificate con pietre calcaree tenute insieme da impasto di fango. La Storia racconta di un luogo già noto ai Romani e probabilmente a tutti i popoli che li hanno preceduti. Si tratta di villaggi ancora oggi da codificare, di insediamenti umani ancora da scoprire e raccontare in modo esaustivo. La chiesa di San Quirico si appoggia su una grotta o tomba ad arcosolio, ossia un’area sepolcrale oppure nicchia di sepoltura ad arco. Non è improbabile che durante le persecuzioni e/o guerre le sepolture venissero usate come altari. Non si conosce appieno la data della costruzione delle chiese ma di sicuro vivono da più di Settecento anni. Ciò non impedisce al visitatore di godere di un paesaggio quasi fiabesco e di assaporare un’aria inconsueta, densa di aromi che trasportano verso sogni e tempi lontani. Si respira un senso di antico profondo e suggestivo” (G. Elies, “Sardegna e dintorni”)
Poco più avanti si intravede la chiesa di San Lorenzo, frazione ancora tutta da scoprire; così come i tanti interrogativi sulla nascita dei mulini e delle gualchiere, principalmente i tempi e le fasi attraverso le quali queste esclusive attività si sono sviluppate.
Manca ancora un’altra chiesa: Santu Pedru de Idrighinzos, ma “s’era già fatta l’ora che volge al desio e ai naviganti intenerisce il cuore” ( Dante, Purgatorio canto VIII).
Cala il sipario nei pilastri fondamentali del culto osilese; un viaggio verso quell’addae così tanto denso e interessante; momenti di gloria in quella Curatoria di Montes che ci ha visto protagonisti: ammentos e forse sonnios.
Giovanna Elies

Foto tratta dall’omonimo testo di Salvatore Chessa in “Insediamento umano medioevale nella curatoria di Montes”