Pensando al centro storico di Osilo, a cura di Gianni Avorio
Quale centro storico?
Scorrere il foltissimo elenco di definizioni di centro storico è quasi una fatica degna di Sisifo. E altrettanta fatica richiede scorrere le quantità di testi che di esso si occupano. Nel Glossario di Urbanistica si sintetizza la definizione indicando la “parte del territorio comunale di più antica formazione sottoposta a particolare tutela per assicurare la conservazione di testimonianze storiche, artistiche, ambientali”. Più sintetica è la voce della Treccani: “nucleo originale di una città, datato almeno di un secolo”. E tutte le altre, più o meno arricchite di sapienza urbanistica e storica, non si discostano molto. A mio parere, tutte le definizioni si possono restringere in sostanza a due: una che si rifà all’occhio geometrico degli urbanisti e l’altra al cuore di chi quegli angusti e antichi luoghi li ha vissuti e ne porta traccia nella memoria. Ho sempre pensato che agli ingegneri, agli architetti, agli urbanisti, di quel cuore non importa un fico secco. Hanno elaborato delle linee guida su cui tutti, sia pure con gli ovvi distinguo, convergono, e dell’anima delle case, delle vie che hanno ospitato vite poco importa. Figurarsi delle voci degli abitanti, delle parole, degli odori. E cambiano anche gli obiettivi: per chi studia la città nella sua crescita urbanistica, il centro storico è qualcosa di assolutamente asettico, privo di anima e ricco di potenzialità economico-turistiche, che va gestito secondo una visione moderna finalizzata alla valorizzazione del territorio; per chi ha vissuto parte o tutta la vita fra quelle vie, che raccontano storie di persone e vite, è soprattutto una questione di cuore, di storie familiari e di amicizie. Insomma, saranno vaghe le definizioni enunciate dagli esperti di turno per definire un luogo, nato come tale all’inizio dell’Ottocento, ma per i figli affettuosi e innamorati, che hanno riempito di gioia e lacrime strade e case, e che hanno vissuto in perfetta simbiosi con la storia della città, quanto scritto dagli urbanisti vale meno di zero.E mai avrebbero pensato e voluto un centro storico (sempre che significhi qualcosa di condiviso da tutti) che nelle intenzioni di archistar à la page prevede lo spostamento nelle periferie degradate degli abitanti e un ripopolamento, previa ristrutturazione (= abbattimento delle vecchie case da sostituire con palazzi ultra-moderni) di quanto ci ha regalato il passato. Tutti i poeti hanno lasciato versi commossi per le case della loro fanciullezza e quasi tutti hanno ricordato gli anni più belli della loro vita come quelli passati nel cuore delle città. Mi piace ricordare Cesarino Mastino che, nella prefazione di un libro di poesie dedicato a Sas sari, scriveva: “… la me’ ziddai / Allégra, ciunfrajora e risurana . / Tutti li sonniiméi, l’ammenti cari, / So’ in chisthulibraréddu: una funtana / Un ciapittu, dui fiori campagnóri… / Liggìddi, e li vidìddi tutt’impari / Iffurruggendidrent’alu me’ córi.” È quello che manca agli urbanisti moderni: lucóri.
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Scoprire Osilo, a cura di Ottavio Olita
Ho scoperto l’esistenza di Osilo da un cartello stradale. Quello che indica la direzione da prendere per raggiungerlo lasciando la Statale 131 e affrontare i tornanti della ‘Scala di Giocca’. Immaginavo un borgo isolato, se per arrivarci bisognasse affrontare quel tortuoso tratto di strada.
Poi un giorno venni contattato dal ‘Salotto Lettarario’ e dalla sua presidente Giovanna Elies per un mio romanzo. Arrivai ad Osilo, ma passando da Sassari perché mia moglie Sandra proprio non sopporta qualunque curva, figuriamoci i tornanti. Cominciò così il mio percorso di conoscenza di una delle importanti realtà storico-culturali della Sardegna, ignorate dai più. Una storia secolare, testimoniata ancor oggi da quel che resta del castello dei Malaspina eretto nel ‘200 – utilizzando anche resti di ruderi d’epoca romana – a dominare la vallata, ma soprattutto a testimonianza di una conquista. La consueta, diffusa storia medievale sarda, originata dal crollo dei giudicati e dal sopravvento di dominatori continentali. Contemporaneamente ai Malaspina, provenienti dalla Lunigiana, i Doria cominciarono ad insediarsi nel sassarese. I Malaspina, che con quella costruzione volevano essere visti come conquistatori, piuttosto che come veri e propri controllori del territorio, furono spazzati via, così come i Doria, un secolo e mezzo più tardi, dagli Aragonesi.
Osilo, un incanto paesaggistico, al centro di eventi storici determinanti. Osilo, che ti consente di spaziare lo sguardo fino al mare dell’Asinara. Osilo che ancora oggi propone l’affascinante e prezioso lavoro di ricamatrici e tessitrici capaci di realizzare vere opere d’arte seguendo una tradizione le cui radici, anch’esse, affondano in secoli di storia. Osilo e le sue chiese, le tante chiese sorte sulla scia di quella specie di opera di diffusione capillare del cattolicesimo cominciata nel ‘700.
Senza il lavoro tenace, costante, determinato del ‘Salotto Letterario’ probabilmente avrei continuato a ignorare uno dei tanti tasselli che compongono la formidabile identità storica sarda, da nord a sud, da Osilo a Siliqua, da Castelsardo a Cagliari, da Bosa ad Iglesias. Se invece delle ossessioni campanilistiche si creassero condizioni di collaborazione, di scambi, di reciprocità, l’immenso patrimonio culturale di cui la Sardegna dispone potrebbe diventare anche un significativo volano economico.
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Borghi antichi, a cura di Alfredo Crispo
Passeggiare per borghi antichi è un’esperienza edificante e dolorosa; bugnati, archi normanni, conci perfettamente sagomati…
Ci narrano di maestranze più rigorose e sapienti se paragonate alla recente civiltà del “cemento e ferro”.
Ma il monito più estremo è il seguente: bello o brutto che sia tutto ciò che produciamo resta consegnato ai posteri.
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Piazza Brundano, a cura di Giovanna Elies
Dopo il curvone di “su Rondò” (il vocabolo deriva dal francese rondeau), accò (ecco) la salita in forte pendenza verso il centro storico, costeggiando il muro di cinta dell’ex Asilo Infantile, per raggiungere lo slargo davanti alla chiesa del Rosario.
Qui, il Principe della Storia – signore del Tempo – mi aspetta seduto sulle gradinate del loggiato, con gli occhi fissi verso l’orizzonte, contempla quell’angolo di infinito che -a noi osilesi- tanto piace.
Basta un mio cenno e si avvicina, procediamo in silenzio, contando i passi sul selciato.
Piazza Brundano è ad un tiro di schioppo da noi, sulla destra ricompaiono il negozio di tessuti e merceria di sorelle Chessa, a fianco la bottega di barbiere di Francesco Strino.
Più avanti la chiesetta intitolata a Santa Croce (ora visibile, in passato nascosta dalla casa parrocchiale).
Sulla sinistrasu buttighinu”di Antonio Piana, passato poi a Salvatore Piana, oggi Circolo Acli.
Proseguendo, la magnificenza del Mercato aperto, oggi ex Mercato.
Maestosa sulla piazza la facciata della Parrocchiale, sembra quasi ammonirci. Il Principe scuote la testa in segno di dissenso ma non proferisce parola, sa che il Tempo è sovrano, in alcuni casi cura, in altri distrugge.
A passi lenti imbocchiamo la strettoia su cui si affaccia la porta secondaria della Parrocchiale, ed eccoci in piazza Brundano, ovvero una immersione nella Storia.
Crocevia di battaglie, scontri, rivalse; teatro di amori e dissapori; di odi e pacificazioni; di progetti, sogni, speranze.
Intitolata a Legato Brundano (ambasciatore del Papa) che il 27 gennaio del 175 impose il catechismo per giovani e per adulti.
Il Principe della Storia, con fare burlesco, vorrebbe raccontare del passato, ma cede alle mie pressioni e si ferma ad una mera elencazione, e mi fa cenno di non condividere il mio voler passare a volo d’angelo su nomi e fatti.
Intanto volge lo sguardo verso la bottega di Caterina e Quirico Piana, si ferma davanti all’inferriata e sembra non capire.
Strano che sia io a spiegare che, dopo una breve parentesi del negozio gestito da Pierina Puggioni, oggi il locale ospita una mostra permanente della pittrice Maria Zuncheddu, maestra del colore.
Vorrebbe rivisitare il locale ma la grata lo impedisce, non sempre consente di apprezzare i lavori della pittrice.
Allora rivolge lo sguardo verso l’antico palazzo di Signor Frantziscu Manca e sorride.
Viceparroco di Osilo, carismatico ma anche giocoso, ci ha lasciato in dono una importante eredità: l’istituzione della Gioventù Maschile di Azione Cattolica.
Personaggio di grande esperienza e cultura, con lo sguardo rivolto al futuro, si è sempre speso per rifiutare alcune tipiche situazioni folkloriche del paese a vantaggio della Tradizione sana e utile.
Di fronte a noi solitari visitatori, l’imponenza del leccio che ogni Natale ospita, in diverse fogge, il Presepe frutto dell’estro della pittrice; piantato quasi a costeggiare i contrafforti della piazza.
Oltre la pianta, sorridono le vetrate della storica Farmacia di dott. Pompeo Faggiani, ormai trapiantata da tempo da via Sanna Tolu, su volere della dott.ssa Adriana Faggiani, nata ad Osilo il 29 settembre 1913, amica del cuore e quasi coetanea di mia madre Maurizia Strino e della futura scrittrice Gina Magliona.
Nel volgere lo sguardo verso sinistra, il Principe non riconosce l’espositore collocato a fianco della porta del negozio di Nanni e Nicoletta, pensava di vederli sulla destra sul fabbricato dei Nieddu e pensava di ritrovare il negozio di Gavina Tolu, sposata Marongiu e in seconde nozze sposata Sonnu.
Gli spiego che così non è più, ma che la rivendita oltre ai beni di necessità familiari vende anche i prodotti agroalimentari del nostro territorio: formaggi e ricotta delle aziende agricole Altea e Pulinas, ed i tipici dolci osilesi della Cooperativa Ozel. Servizio accurato e puntuale per noi e per i villeggianti.
Il Principe non possiede le capacità storiche di pensare ai turisti e si rammarica nel vedere che le serrande a fianco“su buttighinu de tiu Giommaria Olmeo” sono abbassate.
Faccio spallucce e penso: nessun tipo di ristoro, in questa storica piazza.
Per evitare al Principe una cocente delusione, sussurro che neppure il bar del Maresciallo Antonio Pinna è più in funzione, vorrei proseguire ma lo vedo attratto dalla vetrina di Oris di Vincenzo Carta.
Noto il suo atteggiamento pensoso ed, ancora una volta, spiego che si tratta del palazzo di proprietà del Canonico Maurizio Satta, dove ha anche abitato mia nonna Giuseppina Rovere “sa mastra”, oggi proprietà Carta e Vincenzo, orafo, produce e vende la sua arte.
Un’arte che viene da lontano, ispirata principalmente ai tesori della nostra tradizione: gioielli d’oro e d’argento lavorati in filigrana, anelli con i bottoni del nostro vestiario tipico, filigrane e broccati sardi, giunchiglios con pietre dure, bracciali e anelli impreziositi dalle ormai famose ametiste di Osilo, con i coralli provenienti dalla vicina Alguer. Un atelier non eccessivamente spazioso ma accogliente e speciale, con vetrine luccicanti e mobili antichi, e un padrone di casa che oltre ai gioielli, offre uno squisito caffè.
Il Principe del Tempo si accomoda e gioisce, sembra quasi che la mia presenza non sia più indispensabile e voglia eleggere qui il suo domicilio; accetta la sfida e si lascia cullare dal profumo di antico, come i tanti osilesi e i tanti turisti, sempre in cerca di meraviglie. Io intanto, ritorno sui miei passi, osservo l’affaccio dell’atelier direttamente su via Canonico Sanna –Tolu.
Più indietro la svolta per l’accesso al Castello, ma questa è un’altra storia.

