Una straordinaria avventura editoriale: “L’Ortobene” di Nuoro, a cura di Giovanni Graziano Manca.
Se il “Corriere della sera” e Milano si rispecchiano e si identificano vicendevolmente, se “Il Messaggero” e “Il Mattino” rappresentano l’informazione nelle città di Roma e di Napoli, se nell’ambito regionale sardo “L’Unione Sarda” e Cagliari costituiscono un binomio quasi inscindibile, allora, incontestabilmente, il settimanale diocesano “L’Ortobene”, riflettendo da oltre novant’anni ciò che accade nella città di Nuoro e nei paesi del territorio circostante non solo sul piano strettamente religioso ma anche su quello specificamente riguardante gli aspetti politici, culturali e della vita comune, rappresenta una delle istituzioni barbaricine. Il periodico, nato come “Bollettino mensile della diocesi di Nuoro” nel Gennaio del 1926, conoscerà periodicità diverse fino al 1972, anno in cui diventerà definitivamente settimanale. Il vescovo Maurilio Fossati (1876-1965), fondatore della testata, fu successivamente uno dei cardinali elettori che parteciparono al conclave che nel 1939 elesse Pio XII e a quello del 1958, a seguito del quale divenne pontefice Giovanni XXIII. Proprio a Nuoro Fossati ebbe modo di rispolverare una sua passione giovanile: quella per il giornalismo che lo spinse a fondare l’Ortobene. Dalla lettura di note biografiche che lo riguardano (si veda il Dizionario biografico on line degli italiani illustri Treccani) si può desumere che Fossati fu uomo di tempra non comune; difese le associazioni cattoliche dai soprusi del regime fascista e l’idea di uno Stato cooperante con la Chiesa al fine di creare assetti sociali che favorissero il rispetto dei valori simultaneamente riconosciuti dall’uno e dall’altra, si schierò in seguito contro il regime franchista in Spagna e quello di Salazar in Portogallo; espresse soddisfazione per la politica concordataria del fascismo arrivando persino a parteggiare per il governo Mussolini in occasione delle consultazioni elettorali; la simpatia verso il fascismo venne meno a seguito della approvazione delle leggi razziali. Da quel particolare momento storico-politico il porporato piemontese sviluppò un atteggiamento di insanabile avversione anche nei confronti del nazionalsocialismo e dopo l’8 Settembre di protezione degli aderenti alla Resistenza. L’impronta caratteriale che seppe imprimere a “L’Ortobene” nei suoi primi anni dovette essere peraltro decisiva perché in seguito il giornale, per precise scelte di politica redazionale, prese a minimizzare ogni avvenimento promosso dal regime. “L’Ortobene”, scrive Lorenzo Dore biografo di Francesco Dore, politico olzaese collaboratore della rivista dal 1934 al 1943, “non attacca mai direttamente il regime, ma le frequenti critiche espresse in maniera discreta, e ancor di più i significativi silenzi fuori dal coro, lasciano intuire tutte le sue pesanti riserve. Il giornale è sottoposto a sequestro diverse volte.” Continua Dore che le maniere forti da parte delle autorità costituiscono una forma “di avvertimento e anche di ritorsione per i comportamenti del vescovo Cogoni.” (la voce di Cogoni risuonò sempre alta contro il fascismo tanto che, racconta Raimondo Turtas, “i suoi spostamenti da Nuoro foss’anche per visite pastorali o per giornate di propaganda a favore a favore dell’A.C. [Azione Cattolica, n.d.r.], persino i pettegolezzi sul suo conto raccolti da conversazioni o da lettere anonime, insomma tutto ciò che lo riguardava, venivano puntigliosamente segnalati dal questore o dal comandante della compagnia dei CC.RR. al prefetto”) . Tra le pagine dell’Ortobene i nuoresi trovano notizie di interesse generale (a mero titolo di esempio, se nel n° 5 del Maggio 1926 il giornale da notizia di alcuni casi di morte apparente e contiene l’esortazione a osservare il Regolamento di Polizia Mortuaria – l’articolo 9 di detto regolamento stabiliva che non potessero essere permesse l’autopsia, l’imbalsamazione, l’inumazione e la cremazione prima delle 24 ore a partire dal momento del presunto decesso – nel successivo numero di Giugno compare un articolo che difende il riposo festivo, mentre nel Marzo del 1929 campeggia in prima pagina il breve articolo che si riferisce alla sottoscrizione dei patti concordatari tra lo Stato italiano e la Chiesa), cronache parrocchiali che si riferiscono a quanto accade nei diversi paesi della Diocesi, stringati articoli di cultura e storia locale e contenuti religiosi (comunicati ufficiali della curia, passi tratti dal Vangelo, e cosi via). L’Ortobene asseconda il fortissimo senso religioso dei barbaricini e diventa presto la voce di tutto il nuorese. Oltre a mantenere la giusta distanza e non di rado un forte spirito critico rispetto ai fatti salienti della politica, con il passare degli anni, a partire dal dopoguerra, il periodico mostra di possedere una straordinaria capacità di adattamento ai tempi e di saper svolgere il ruolo di apprezzato strumento informativo a servizio di tutta la società. Fino ai giorni nostri vanno via via intensificandosi sulle pagine del giornale gli interventi che riguardano la politica (quella dei palazzi istituzionali e dei partiti) e quelli che afferiscono alle concrete condizioni economiche e sociali della gente di Barbagia. Frequenti gli articoli che si riferiscono al banditismo, all’abbandono delle campagne, alla emigrazione, alla disoccupazione, alla contestazione giovanile e ancora, in tempi recentissimi, alla battaglia intrapresa dai pastori per un giusto accordo sul prezzo del latte. Nutritissime, oggi, le pagine riservate alla cultura: non poteva essere altrimenti, d’altro canto, in un territorio che delle espressioni artistiche e letterarie e del suo ricchissimo bagaglio di tradizioni popolari ha sempre fatto il proprio vessillo. L’ odierna rivista, peraltro, gode dell’autorevolezza che viene riservata alle testate che offrono una informazione libera, obiettiva e completa. Il giornale registra numeri significativi; cinquemila abbonati e ogni settimana un numero di lettori che si aggira intorno alle settemila unità distribuite nei diversi paesi della Diocesi. La redazione del settimanale è affidata quasi per intero a laici, un passo avanti decisivo rispetto a quanto da più parti con lungimiranza si auspicava fin dalla fine degli anni Sessanta del secolo scorso al fine di favorire la libertà di espressione e una nuova concezione di giornale che mirasse a far diventare l’ “Ortobene” la voce di una intera comunità e strumento principe di un nuovo modo di dialogare. Le avvisaglie che preannunciano il cambiamento di stile del settimanale vengono da Raimondo Turtas (storico e “biografo” del periodico nuorese, curatore del volume “L’Ortobene 1926-1976 – Una voce per il nuorese”, raccolta di articoli che a cinquant’anni dal primo numero testimonia delle dinamiche evolutive, dei cambiamenti di direzione e delle politiche redazionali intraprese dal giornale fino alla metà dei Settanta) fatte risalire all’inizio degli anni Settanta, Vescovo Giovanni Melis. Il nuorese, in quel particolare momento storico, si dibatte tra gli squilibri e le contraddizioni che conseguono alle politiche di industrializzazione del territorio; sono infatti molto sentite, in quella temperie, una maggiore libertà di movimento e di espressione, una gran voglia di indipendenza rispetto alla politica e la consapevolezza che i fenomeni sui quali si vuole intervenire richiedono conoscenze approfondite e non improvvisazione. Oggi una redazione dotata tecnologicamente e professionalmente e composta in parte significativa da giovani abbraccia quotidianamente la sfida del “navigare a vista” tra i flutti del nostro tempo difficile e di portare la testimonianza dei cattolici in un mondo dove non esistono più le ideologie; dove, altresì, i dibattiti sulle idee e sulle soluzioni da dare ai problemi appaiono spesso poco fecondi nella sostanza, impersonali e privi di anelito passionale tanto da apparire esercizio ozioso di un diritto-dovere all’informazione di cui a volte sfugge l’utilità.
Giovanni Graziano Manca